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Il sessantotto, Toni Negri: 'Ha investito le società capitaliste'

Il sessantotto, Toni Negri: 'Ha investito le società capitaliste'

'E' rimasta insofferenza generalizzata, stanchezza e malinconia'

31 gennaio 2018, 19:17

di Mauretta Capuano

ANSACheck

Toni Negri - RIPRODUZIONE RISERVATA

Toni Negri - RIPRODUZIONE RISERVATA
Toni Negri - RIPRODUZIONE RISERVATA

Il '68? "E' stato un evento straordinario, che ha investito le società capitaliste avanzate, rivelandone le contraddizioni che si erano accumulate in quegli anni di impetuoso sviluppo", dice all'ANSA Toni Negri del quale è appena arrivato in libreria il secondo volume, 'Galera ed esilio', dell'autobiografia 'Storia di un comunista' (Ponte alle Grazie), a cura di Girolamo De Michele. Nel primo volume, Negri aveva parlato del '68 e della sua esperienza. In questo parla degli anni "della repressione dell'Autonomia operaia e studentesca che negli anni '70 aveva continuato e rinnovato nelle lotte le speranze del '68 contro la riforma capitalista del modo di produzione e di vita". 

"Per me - spiega - il '68 è stata la rivelazione che quanto la critica aveva sottolineato negli anni precedenti, era vero: che lo sviluppo capitalistico produceva merci ad un costo umano spropositato; che lo sviluppo capitalistico riproduceva le forme più antiche e screditate di autorità nell'organizzazione sociale - e che quindi il fascismo era sempre presente nello sviluppo capitalistico; che esisteva la forza di liberarsi da questo dominio; che cioè gli studenti, gli operai, le donne e tutti gli altri strati della popolazione che avevano, nel '68, ritrovato un'altra coscienza del loro valore produttivo nella società, potevano liberarsi dalle strutture dello sfruttamento". 

Il '68, per Toni Negri - socio fondatore di Potere Operaio e poi del gruppo Autonomia Operaia, oggi uno degli animatori del collettivo internazionale EuroNomade - "è stato una grande passione che ha coinvolto interamente la società mettendo in luce l'insopportabilità del regime capitalista - non solo nelle sue caratteristiche progressive, ma soprattutto in quelle che ripetevano le modalità autoritarie dello Stato borghese e fascista. E' stato poi una grande invenzione di nuove forme di vita e la volontà di affermarle contro le vecchie forme di autorità. Per riuscire efficacemente in questo scontro tra il nuovo e il vecchio, occorreva toccare le strutture della produzione, anche questo il '68 ha insegnato: che non esiste possibilità di modificare la vita se non si trasformano le strutture della produzione, e che tali strutture non possono essere modificate se non si modifica il regime politico che permette alla produzione di essere dominata dal capitale. Questa presa di coscienza è stata fondamentale ed ha modificato per l'avvenire i soggetti che hanno vissuto il '68". 

"Il mondo è cambiato ma il capitale ha vinto sul cambiamento", dice Negri. E, dunque, non è rimasto nulla di quello che il '68 aveva creato? "No, è rimasto molto, e cioè l'insofferenza generalizzata, la stanchezza e la malinconia quando si ripensa al '68 e la certezza che se un evento del genere si ripresentasse, questa volta del capitalismo e della sua società non resterebbe più niente - perché tutti ne hanno abbastanza di questo mondo che ha tradito ogni speranza" sottolinea. 

"Dopo il '68 - aggiunge - le forme di vita e della produzione sono state modificate radicalmente dal capitalismo, che ha capito che il '68 era cosa pericolosa per la sua esistenza. Questo cinquantennio è stato doloroso per coloro che avevano sperato nel '68 che il mondo cambiasse".

In 'Galera ed esilio', Negri mostra "anche come dal carcere e dall'esilio, una generazione (quella che non è morta nella miseria italiana degli anni '80 e '90) abbia ricostruito una speranza di lotta e di vita. Paradossalmente vincendo la scommessa, fatta nel '68, di resistere al capitalismo e di continuare nella lotta che oggi tutti sentono come necessaria, contro la corruzione, la stupidità e, spesso, la bestialità di questo regime economico e politico".

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