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Senza vie d'uscita, all' Opera di Roma Jenůfa secondo Guth

Senza vie d'uscita, all' Opera di Roma Jenůfa secondo Guth

Dal 2 maggio il capolavoro di Leoš Janáček , Valč

ROMA, 28 aprile 2024, 15:38

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

''Jenůfa è la storia di una donna che lotta per un mondo più libero, una realtà che non presenta vie d'uscita. L' opera mostra come un'enorme pressione sociale verso il conformismo possa portare alla completa caduta di un outsider, di qualcuno che sta fuori dalla norma''. Claus Guth, pluripremiato regista tedesco, parla così del capolavoro di Leoš Janáček che porta al Costanzi dal 2 al 9 maggio nella messa in scena in coproduzione con la Royal Opera House di Londra, dove ha debuttato nel 2021 ottenendo l'Olivier Award come miglior produzione operistica. Il dramma è il terzo tassello del progetto triennale dell'Opera di Roma dedicato al compositore ceco, inaugurato con Káťa Kabanová nella stagione 2021/2022 e proseguito con Da una casa di morti l' anno scorso. Sul podio debutta il direttore slovacco Juraj Valčuha, che con l'Opera di Roma ha diretto Turandot firmata Denis Krief a Caracalla nel 2015. Il soprano svedese Cornelia Beskow e la collega finlandese Karita Mattila interpretano Jenůfa e Kostelnička. I tenori americani Robert Watson e Charles Workman impersonano Števa Buryja e Laca Klemeň. Il mezzosoprano italiano Manuela Custer è la vecchia Buryjovka. Le scene sono di Michael Levine, i costumi di Gesine Völlm, le luci di James Farncombe, i video di rocafilm/Roland Horvath.
    Nella sua rilettura dell' opera Claus Guth abbandona l'estetica realista in favore di un allestimento simbolico.
    Altissime mura di legno delimitano la scena, isolando i personaggi e definendo la società rurale come un microcosmo claustrofobico e immobile. Al di fuori, quello che Guth definisce come «l'Altro sconosciuto», un luogo impossibile da raggiungere per le protagoniste. Jenůfa è una vicenda in cui si intrecciano onore, amore e violenza, e in cui i destini di una giovane e della sua matrigna sono destinati a ripetersi, come in una maledizione. ''In scena - spiega il regista - non ci sono porte, non ci sono aperture. Costante, nell'opera, è il rumore della ruota del mulino, un ritmo ripetitivo, che non cambia mai.
    La società è questa macchina rituale che ripete i suoi movimenti all'infinito e che distrugge tutto ciò che incontra''.
    Capolavoro del realismo musicale di primo Novecento, Jenufa, scritta tra il 1894 e il 1903, è l'opera teatrale più nota diJanáček. La trama ruota attorno a Jenůfa, figlia adottiva di Kostelnička, sagrestana della chiesa di un paesino della Slovacchia morava. Rimasta incinta dell'amante Števa, viene sfregiata da Laca, innamorato di lei e geloso della sua relazione. Costretta a nascondersi in casa di Kostelnička per la vergogna della maternità illegittima e rifiutata da Števa per la ferita che ora porta sul volto, viene ingiustamente accusata di infanticidio dopo che Kostelnička, a sua insaputa, uccide il bambino per paura che questo possa impedirle di sposarsi con Laca, ancora innamorato di lei e pentito. Alla scoperta del cadavere, la matrigna confessa il crimine, ma Jenůfa la perdona, accettando le nozze con Laca.
   

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