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Venezia: I villani, terra e mare come scelte vita

A Giornate Autori docu dell''attivista del cibo' Donpasta

Gli agricoltori Luigina, sui monti del Pasubio, in Trentino e Salvatore, ad Alcamo in Sicilia; Modesto, allevatore e produttore di formaggio in Irpinia; i fratelli Santino e Michele, pescatori e coltivatori di cozze a Taranto e il vignaiolo Lino Maga nell'Oltrepò Pavese, voce narrante. Ritratti, storie, scelte di vita che hanno come filo rosso il rapporto simbiotico con la terra e il mare, tra cucina, difficoltà e gioie quotidiane, tradizione, presente complesso e incognite per il futuro. Sono le guide a cui si affida il dj, scrittore, economista Daniele De Michele, alias Donpasta (definito dal New York Times, "uno dei più inventivi attivisti del cibo") nel suo documentario, I villani, che debutterà come evento speciale delle Notti Veneziane alle Giornate degli Autori, sezione autonoma e parallela della Mostra internazionale del cinema di Venezia, per poi essere distribuito da Zalab. Un viaggio dall'alba al tramonto nelle esistenze di personaggi di età diverse, dal 27 enne contadino/cantastorie Salvatore alla sessantenne Luigina, nato dal desiderio di raccontare da una prospettiva diversa le radici della cucina popolare italiana "che sta morendo" dice il regista nelle note di produzione. Attraverso i protagonisti del documentario, "nell'intessersi delicato, talvolta ironico, talvolta doloroso tra i racconti intimi del loro vissuto e il loro cucinare con perizia, intelligenza, senso dell'osservazione - spiega De Michele, che alle tradizioni gastronomiche del nostro Paese ha già dedicato vari libri e spettacoli - veniva fuori il senso più profondo della cucina italiana: il suo essere saggia, gustosa, parsimoniosa, rispettosa dei prodotti della terra e del mare".
    Tra salse di pomodoro fatte in casa per il piatto di pasta della domenica da mangiare insieme alla famiglia, provoloni che diventano metafore di vita, erbe selvatiche portate con le conserve al mercato, ricotte preparate in salotto e cozze mangiate appena pescate, il documentario ci proietta nelle scelte coraggiose di persone che non hanno avuto paura a ricominciare daccapo. Da Modesto, che ha abbandonato l'idea iniziale più remunerativa di una grande stalla per seguire, tutto il ciclo della lavorazione del latte, fino a produrre il formaggio, a Luigina, che non si rassegnava ad essere solo moglie e madre in città e ha trovato nel ritorno al lavoro nella natura la sua libertà. Da Salvatore, coltivatore/cantastorie, che anche sfidando i genitori, contadini come lui, porta avanti un'agricoltura naturale, senza l'uso di 'aiuti' chimici' per far arrivare il buon cibo, "non solo ai ricchi", a Santino e Michele, consapevoli che il loro mestiere, stia morendo, "ma noi - sottolineano - non moriremo con l'acqua di mare". Percorsi segnati anche da momenti di isolamento e solitudine e dalle preoccupazioni per il futuro dei figli, decisi o meno, a seguire le scelte dei genitori. "Per mangiar bene - dice De Michele - bisogna rispettare i tempi della cucina, bisogna rispettare le stagioni, la terra e il mare, tutto ciò che la modernità non fa più. Ne viene fuori un conflitto tra le parti, una resistenza, una proposizione di un nuovo vivere che benché ancorato al passato diventa attuale e vitale".
   

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