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Fumo e alcol, la diagnosi di diabete non cambia le abitudini

Fumo e alcol, la diagnosi di diabete non cambia le abitudini

Rischio doppio fra chi ha problemi economici

ROMA, 14 novembre 2023, 12:08

Redazione ANSA

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Fumo e alcol, la diagnosi di diabete non cambia le abitudini (iStock) - RIPRODUZIONE RISERVATA

Fumo e alcol, la diagnosi di diabete non cambia le abitudini (iStock) - RIPRODUZIONE RISERVATA
Fumo e alcol, la diagnosi di diabete non cambia le abitudini (iStock) - RIPRODUZIONE RISERVATA

In Italia oltre 4 milioni di persone sono affette da diabete. La diffusione della malattia aumenta con l'età: se prima dei 50 anni colpisce meno del 5% della popolazione, dopo questa età sale rapidamente fino a raggiungere il 23% intorno agli 80 anni. La distribuzione geografica da anni mostra una condizione a sfavore delle regioni meridionali: tra gli ultra65enni è pari al 25% nel Sud-Isole contro il 15% nel Nord e 18% del Centro. I dati dimostrano inoltre uno scarso impatto della diagnosi di diabete sugli stili di vita. Per esempio, il 25% dei 18-64enni che hanno ricevuto una diagnosi di diabete è ancora fumatore; l'11% fa un consumo di alcol a rischio per la salute, per quantità e modalità di assunzione; il 45% è completamente sedentario; il 91% non consuma le 5 porzioni di frutta o verdura raccomandato dalle linee guida internazionali. E' quanto emerge da un'analisi dei sistemi di sorveglianza Passi e Passi d'Argento, coordinati dall'Istituto Superiore di Sanità in collaborazione con le Regioni, pubblicata in occasione della Giornata Mondiale del Diabete che si celebra oggi. "Le persone che riferiscono una diagnosi di diabete mantengono ancora abitudini poco salutari, che li espongono a maggior rischio di un decorso peggiore della malattia", si legge nel rapporto.
    In Italia, inoltre, il rischio di ammalarsi di diabete è fortemente influenzato dallo status sociale, con le persone meno istruite e con maggiori difficoltà economiche che hanno probabilità fino a due volte più alte di sviluppare la malattia rispetto a quelle più benestanti. Marcata è anche l'influenza della condizione sociale: nella fascia di età 60-64 anni, per esempio, ne soffre circa l'8% delle persone appartenenti alla classe più agiata contro il 18% di quella meno abbiente; in quella 65-69 anni le percentuali passano rispettivamente al 12% e al 27%; in quella 70-74 anni al 16% e al 32%. La forbice si restringe poi all'avanzare dell'età, ma le differenze rimangono sostanziali.
   

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