Il Consiglio nazionale degli
ingegneri ha inviato una nota a numerosi rappresentanti
istituzionali, tra cui la presidente del Consiglio Giorgia
Meloni e il presidente dell'Anac (Autorità anticorruzione)
Giuseppe Busia, sul tema dell'equo compenso, per avere "una
richiesta di chiarimento relativa a determinati criteri
interpretativi che stanno creando notevoli difficoltà agli
ingegneri e, in generale, a tutte le categorie ordinistiche, che
rappresentano oltre due milioni di professionisti", in Italia.
Ad un anno dall'entrata in vigore della legge sulla giusta
remunerazione per i servizi dei lavoratori autonomi, segnala la
categoria tecnica presieduta da Angelo Domenico Perrini, da un
lato la disciplina "si esprime con grande semplicità e
chiarezza: si applica alle prestazioni rese dai professionisti
in favore della Pubblica amministrazione, stabilisce la nullità
delle clausole che non prevedono un compenso equo, e comunque
inferiore ai parametri ministeriali, anche all'esito di
un'eventuale gara", dall'altro, però, si è "costretti a
registrare prese di posizione incomprensibili in relazione
all'errata applicazione della norma, sovente disattesa negli
affidamenti regolati dal Codice dei contratti pubblici". E, si
sottolinea, "la maggioranza degli Enti che sostengono la
disapplicazione della legge sull'equo compenso - che, in base ai
dati provenienti dal Centro studi dei professionisti si
attestano oltre l'80% del totale - in risposta alle
contestazioni mosse dall'Osservatorio bandi del Consiglio
nazionale degli ingegneri sostengono che il loro comportamento
sarebbe suffragato da diversi pronunciamenti e provvedimenti
dell'Anac che, al contrario, non risulta essersi espressa
esplicitamente".
Pertanto, per "superare le difficoltà ed i ritardi che
determinate contrapposizioni stanno comportando alle procedure
di realizzazione delle opere pubbliche", il Consiglio nazionale
chiede al governo "un pronunciamento" di "estrema chiarezza"
sull'applicazione della legge del 2023.
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