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Su Rai5 Claude Nobs e They all came out to Montreux

Su Rai5 Claude Nobs e They all came out to Montreux

La storia del visionario fondatore del Festival del Jazz

ROMA, 29 aprile 2024, 11:22

Redazione ANSA

ANSACheck

- RIPRODUZIONE RISERVATA

Inizia a New York con un "Grüezi" - il "Ciao" della Svizzera tedesca - la storia del Festival del Jazz di Montreux. Ed è anche la storia del suo visionario fondatore Claude Nobs, un ragazzo di Montreux che, senza conoscenze nel mondo della musica, trasforma la cittadina svizzera incastonata fra il lago e le montagne nella mecca del pop e delle rock internazionali. "Montreux è stupenda, ma così noiosa!": l'ente del turismo per cui Claude lavora è alla ricerca di un pubblico più ampio per la "riviera svizzera". La grande passione di Claude è il jazz, così lancia l'idea di un festival per la città. Ha un budget di 10mila franchi. Vola in America e propone l'idea alla sua etichetta preferita, la Atlantic Records. Il caso vuole che il presidente della casa discografica, Nesuhi Ertegün, sia figlio dell'ambasciatore turco in Svizzera. Da qui, il loro "grüezi". Ertegün lo prende in simpatia, intuendo le potenzialità del festival come cassa di risonanza europea per i suoi artisti. Inizia così, nel 1967, la storia del festival di Montreux.
    Le voci di chi c'era e le immagini d'archivio - un patrimonio Unesco di 5000 ore di registrazioni inedite - si intrecciano nella serie in tre puntate "They all came out to Montreux", in onda da martedì 30 aprile alle 23.05 in prima visione su Rai5, in occasione della giornata internazionale del jazz.
    Al centro della prima puntata i protagonisti del jazz e del blues, tra cui Aretha Franklin, Ella Fitzgerald e Nina Simone, ma anche quelli del rock, a partire dai Ten Years After, i Led Zeppelin e i Deep Purple. Non a caso il titolo della serie è una citazione dalla loro canzone "Smoke on the water", ispirata all'incendio che nel 1971 distrugge il casinò di Montreux, fino a quel momento sede dell'evento, dove la band avrebbe dovuto registrare il proprio album "Machine Head". Montreux è un faro di inclusione e diversità, dove tutti si sentono benvenuti e i più grandi ci passano. Il produttore Quincy Jones lo definisce: "La Rolls Royce di tutti i festival del mondo".
    Nobs non ha paura di innovare il festival e aprirsi ad altri generi. Come racconta il musicista Herbie Hancock: "Per carattere a Claude piaceva rischiare e il pubblico ne condivideva l'approccio". Perché l'obiettivo di Claude Nobs è di unire persone che non si sarebbero mai frequentate: "Per me è una grande festa, la festa del Jazz, dei musicisti, del pubblico. La mia gioia più grande è sapere che gli altri sono felici". Thierry Amsallem, compagno di vita di Claude Nobs e curatore della fondazione a suo nome, dice: "Claude sarà stato anche ingenuo, ma lui parlava col cuore, faceva quello che sentiva. Non spiegava, lui faceva". In una delle ultime immagini che lo riprendono, davanti allo specchio lui chiede a se stesso quale sia il sogno: "È quello che sogno da una vita: provare a rendere felice la gente condividendo ciò che abbiamo. Non volevamo tutti diventare artisti?".
   

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