(di Elisabetta Stefanelli)
WISLAVA SZYMBORSKA - KORNEL
FILIPOWICZ, ''MEGLIO DI TUTTI AL MONDO STA IL TUO GATTO. Lettere
1966-1985'' (elliot, pag. 437, euro 25,00).
Dalla prima all'ultima lettera non hanno mai smesso di chiamarsi
''amore'', Wislava Szymborska e Kornel Filipowicz, poetessa
premio Nobel e scrittore di successo, polacchi, legati da
reciproca passione ma a distanza senza mai vivere insieme.
Poprio per questa distanza, un po' casuale un po' cercata, si
sono scritti praticamente tutti i giorni nei quasi vent'anni in
cui si sono amati. Anni cruciali per il destino del mondo diviso
in due, e soprattutto per quei paesi dell'Est Europa dove gli
era permesso circolare. Un mondo in cui scrivere era ancora
l'unica (quasi) soluzione per comunicare, ma in cui non si
poteva dire tutto e tantomeno scrivere di tutto. Così questa
meravigliosa corrispondenza viaggia su alcuni canoni
significanti di grande intensità. C'è il quotidiano, perchè
bisognava dirsi mettendole nero su bianco anche alcune cosa
banali che oggi affidiamo ai molteplici messaggi che viaggiano
sugli smartphone. Compra il latte, insegnami la ricetta, portami
le medicine, lascia le chiavi sotto lo zerbino: deliziose
pratiche di vita che ci insegnano molto del loro quotidiano. Poi
c'è il dialogo amoroso che non viene mai meno e assume toni
commoventi perchè nel tempo, tra tante peripezie, non perde mai
il suo smalto. Intenso ma sempre educato, rispettoso, composto,
dove solo la gelosia a volte tracima leggermente nella morbosità
ma per spesso ritrovare i toni dell'ironia che sono
predominanti. Spesso i due amanti vestono i panni di personaggi
di finzione persino: la contessa Heoliza di Lanckorona, con le
sue pretese snob, il signor Tulczynsli, o la domestica Rozia e i
gatti, appunto. Non dimenticano mai di essere due scrittori, e
su questo si confrontano si chiedono consiglio, mentre invece
tengono per lo più celato il nodo della storia che li avvolge.
La corrispondenza, che si trova attualmente per volere della
premio Nobel nella Biblioteca Jargellonica a Cracovia, è in se'
un'opera d'arte che trasuda il dolore di quegli anni nei
silenzi. Solo l'invasione della Cecoslovacchia del 1968 è
qualcosa di così grande per loro, forse uno spartiacque, da non
poterlo tenere fuori dalle lettere dove entra così spesso invece
la passione. A partire da quella per la pesca di Filipowicz. O
anche la malattia di Szymborska, che passa più di sei mesi
chiusa in sanatorio. Ma è un'opera d'arte anche perchè le pagine
si animano di disegni, cartoline, collage, frammenti visivi di
un'esistenza affidata totalmente alle parole. ''Sono di nuovo
triste. Di nuovo ho la sensazione che le cose più importanti non
siano state dette. In questo dannato stato di arresto tutto deve
essere trasformato in parole, eppure non tutto si può, si
dovrebbe, trasformare in parole'', scrive Winslawa Szymborska
dal sanatorio il 23 agosto del 1968. Ma questa sarà invece la
condizione, la forza, della sua, della loro vita, trasformare
tutto in parole.
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