In Italia i caregiver (coloro, cioè,
che si occupano di un familiare che necessita di assistenza
continua) "sono più di 7 milioni" e, tra questi, più di un
lavoratore su 3 (il 38%) si prende cura di un congiunto non
autosufficiente, "nella maggior parte dei casi personalmente e
senza alcun supporto esterno, a fronte di un 33% che si rivolge
a strutture, o professionisti privati, mentre solo 1 su 4 (il
25%) accede a organismi pubblici".
È quanto emerge dallo studio "Care 4 caregiver", realizzato
congiuntamente da Jointly e Boston consulting group, su un
campione di 12.000 dipendenti di aziende di settori diversi
(telecomunicazioni, trasporti, alimentare, energia e credito).
Un'incidenza, si legge in una nota, "che non può che essere
destinata a crescere in un Paese in cui l'aspettativa di vita si
sta progressivamente allungando e dove oggi quasi 1 cittadino su
4 (il 24,1%) ha più di 65 anni, secondo gli ultimi dati Istat";
inoltre, recita il dossier, " il 17% dei 'caregiver' spende in
media oltre 10.000 euro all'anno per l'attività di assistenza e
cura, risorse che, in un caso su due, provengono da fondi
personali o familiari. Le difficoltà maggiormente percepite dai
lavoratori 'caregiver', si evidenzia, "sono soprattutto carico
mentale e mancanza di tempo, tanto che il 56% degli intervistati
desidererebbe fortemente poter staccare dal lavoro di cura,
mentre il 44% sente di aver bisogno di un sostegno psicologico".
Per l'amministratore delegato di Jointly Francesca Rizzi, "alla
luce di quanto previsto non soltanto dal disegno di legge
anziani, ma anche dal disegno di legge delega per la
semplificazione dei procedimenti amministrativi, crediamo
fortemente che anche il welfare aziendale possa dare un
contributo importante, in termini di soluzioni innovative per
facilitare il supporto alla cura e alla conciliazione, al fine
di migliorare le condizioni di vita e lavorative dei 'caregiver'
familiari", termina la nota.
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