(di Andrea Merola)
Chissà come ci resterebbe il
povero decurione Lucius Acilius, che, in vita (come da
iscrizione), tanto spese per il magnifico monumento sepolcrale
per sé e i suoi cari, se lo vedesse ora, smembrato, l'altare
diviso a metà ad ornare l'ingresso e l'imponente urna
quadrangolare a cassetta scavata, divenutra fonte battesimale
nella basilica dei Santi Maria e Donato, a Murano. Nella Venezia
odierna, del resto, non è l'unico esempio di come le pietre
dell'antica città romana di Altino siano state riutilizzate, e
spuntino tuttora dai materiali con cui furono stati eretti
palazzi e colonnati. Quando fu abbandonata, perché insicura,
gran parte delle sue pietre e marmi furono riutilizzati per
costruire altri insediamenti sicuri, tra cui Torcello e Venezia.
Tracce di questi marmi sono ancora visibili, anche in itinerari
principali, della Venezia dei nostri giorni (per lo più lastre
tombali) e costituiscono basamenti lapidei a sostegno di palazzi
costruiti in età medioevale.
Una mostra, allestita nella sala del museo di San Teodoro,
visitabile in queste settimane, ripropone lo studio del
dipartimento di archeologia dell'Università di Padova. Ad altri
personaggi di Altino, toccò minor fama, rispetto a Lucius
Acilius; come al cavaliere della legione VIII Augusta, Cnaeus
Numerius Fronto, la cui lastra tombale fa da pietra angolare al
basamento del campanile di San Vidal; o allo sconosciuto
legionario gallico, un frammento di stele della cui tomba è
stato reimpiegato come stipite di una finestra in una casa
moderna, sempre a San Vidal. "Altino per secoli è servita come
cava per materiali di costruzione per i Veneziani - spiega
Margherita Tirelli, co-autrice della bella mostra itinerante
"Altino prima di Venezia", ideata dall'associazione La Carta di
Altino. Infatti, sul finire del VII secolo, Altino sarà
definitivamente abbandonata dai suoi abitanti; la linea di
costa, essendosi allontanata per l'interramento della laguna,
causato dai detriti del fiume Piave, l'aveva fatta decadere da
città a emporio e porto strategico dei Veneziani verso il
Mediterraneo.Come non bastasse, ci pensò Attila, mettendola a
ferro e fuoco nel 452 d.C.
"I veneziani - prosegue Tirelli - utiizzarono l'utilizzabile
di Altino, vuoi come materiali di costruzione, pietre d'angolo,
pietre di fondazione, vuoi per abbellire le facciate dei
palazzi. L'esempio più straordinario è la basilica di San Donato
a Murano, che ha il portale affiancato, anziché da pilastri, da
un grande altare altinate sezionato in due parte. Altino era una
tipica città imperiale, costruita sull'asse della via Appia,
con un circuito di canali navigabili e attraversatada ponti, con
una banchina portuale attrezzata allo scarico e carico nei
magazzini merci. Gli edifici pubblici erano grandiosi, con Foro,
basilica, teatri e un anfiteatro fuori porta simile a quello
tuttora esistente a Verona: all'apice della grandezza. La città
contava circa quarantamila abitanti, di conseguenza la necropoli
aveva importanti dimensioni, motivo per cui successivamente
divenne fonte strategica per il reperimento di materiali lapidei
per le popolazioni della laguna. Molti di questi reperti sono
evidentemente ancora visibili nella Venezia del Rinascimento".
Molte pietre di altinate rafforzano ancora le fondamenta di
case e palazzi veneziani, come l'aretta ossuario dei Mestrii,
inserita nella facciata d'acqua di Cà Soranzo dell'Angelo, in
rio della Canonica a San Marco; o la base della statua di Marcus
Petronius, che appare alla base angolare di Palazzo Grimani a
Santa Maria Formosa, scoperta perché il rio circostante
l'edificio venne prosciugato per permettere il restauro delle
fondazioni sotto il livello dell'acqua.
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