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In Usa e Germania boom dealcolati, ma l'Italia è in ritardo

In Usa e Germania boom dealcolati, ma l'Italia è in ritardo

Federvini, alcuni colli di bottiglia normativi frenano produzione

VERONA, 15 aprile 2024, 10:41

Redazione ANSA

ANSACheck

- RIPRODUZIONE RISERVATA

Negli Usa, mercato tradizionalmente dinamico e pioniere di nuove tendenze, nel 2024 si assiste ad una crescita sensibile dei vini dealcolati rispetto a due anni fa (+16% a volumi e +52% a valori nel canale off-premise) in un contesto in cui nell'ultimo decennio si è ridotto il consumo di birra (dall'81% al 70% del totale), sono cresciuti gli spirits (dal 6% al 10%) ed è triplicato l'acquisto dei prodotti ready to drink (dal 3% al 9%). Discorso diverso invece per i vini low alcohol (fino a 10°), che negli Stati Uniti segnano una flessione nell'ultimo biennio (-15% i fermi e -18% i frizzanti a volumi) sebbene rappresentino un giro di affari superiore ai 2 miliardi di euro all'anno. E' quanto evidenzia uno studio presentato a Vinitaly dall' Osservatorio Federvini curato da Nomisma e TradeLab. Sul fronte europeo, rende noto Federvini, anche la Germania vede crescere il gradimento dei vini no alcohol con un +6% a volumi e +17% a valori rispetto al 2022, sempre nel canale moderno (Gdo e Discount). Il mercato tedesco apprezza in particolare lo spumante dealcolato con quasi 60 milioni di euro di vendite. Segno positivo anche per gli spumanti a ridotto contenuto alcolico (+2% a volumi e +19% a valori) mentre i vini fermi della stessa categoria soffrono una lieve contrazione (-5% a volumi e -2% a valori). Si posiziona sulla stessa linea anche il Regno Unito con un +6% a volumi dei vini senza alcol nel 2023 rispetto al 2021, seppure il consumo di vini abbia registrato nel complesso una flessione del 5% al cospetto del balzo (+26%) delle bevande ready to drink nel corso degli ultimi dieci anni.
    In Italia, evidenzia Federvini, la produzione di vini dealcolati o parzialmente dealcolati incontra non poche complessità per via di alcuni colli di bottiglia normativi, sebbene il quadro legislativo comunitario lo renda possibile nel rispetto di pratiche enologiche autorizzate (distillazione, osmosi inversa, membrane) e di alcuni obblighi in materia di etichettatura. Tale situazione limita le possibilità commerciali degli operatori nazionali, alcuni dei quali ricorrono a partner esteri per produrre vini dealcolati a tutto vantaggio di aziende straniere.
    "Stiamo assistendo a nuovi comportamenti del consumatore e a tendenze che sembrano guardare con maggiore curiosità a nuove categorie di prodotti, quali ad esempio i vini dealcolati e parzialmente dealcolati, soprattutto nei principali mercati di sbocco del vino quali Regno Unito, Usa e Germania" dichiara Micaela Pallini. "Anche se è presto per dire se siamo di fronte a veri e propri nuovi trend, non possiamo ignorare questi segnali che giungono dal mercato e l'Italia trovandosi attualmente in un'impasse normativo, si trova in una situazione di svantaggio".
    Secondo una recente rilevazione di TradeLab presso i consumatori, in Italia, interpellato sul fenomeno dei vini low alcohol, quasi la metà del campione dichiara di conoscere l'esistenza di vini senza alcol o con ridotta presenza di alcol, anche se soltanto una esigua minoranza, il 5%, ha dichiarato di averli provati. Il 33% si dichiara interessato a consumare vini con bassa gradazione o senza alcol, specie i più giovani, sebbene il 57% degli intervistati non si mostri favorevole. Il 45% del campione, in particolare i giovani, si dichiara convinto che il trend del low alcohol modificherà il mix di consumi di bevande nei prossimi anni, la percentuale scende al 37% per i prodotti dealcolati.
   

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