Secondo un dato rilevato dall’Osservatorio Glickon: nell’arco della nostra vita trascorriamo oltre 90mila ore lavorando. Ma, in questo tanto tempo che trascorriamo a lavoro, siamo davvero felici? In occasione della Giornata Internazionale della Felicità che si celebra il 20 marzo da 10 anni, una data stabilita dall'Onu nel giorno dell'equinozio di primavera, simbolicamente l'inizio del rifiorire della vita (una risoluzione avviata dal Bhutan, un Paese che ha riconosciuto il valore della felicità nazionale rispetto a quello del reddito nazionale fin dai primi anni '70. Il Bhutan infatti ha adottato l'obiettivo della Felicità Nazionale Lorda sostituendolo al Prodotto Nazionale Lordo (PNL)), diversi report analizzano il tema.
La relazione tra lavoro e felicità è necessaria per l’80% degli intervistati e per la quasi totalità (97%), essere felici, rende anche più produttivi, emerge dalla survey di Glickon. E poi, ci sono altri dati rassicuranti: ben oltre il 66% si dichiara contento della posizione che occupa. Per il 34% – quella posizione –, rappresenta effettivamente ciò che sognava di fare, mentre il 37% si è adattato, ma si ritiene comunque soddisfatto e sereno. Parliamo di dati rassicuranti perché, se rapportati allo scenario di questo mercato – sempre più coinvolto da grandi fenomeni sociali, culturali ed economici come Great Resignation, Quite Quitting, Hope Fatigue, etc. – risultano essere molto positivi e incoraggianti. Non c’è quindi da stupirsi se il 46% afferma di essere disposto a cambiare il proprio lavoro, in nome della felicità, anche se dovesse rinunciare a qualcosa in termini economici o di benefit. Troverebbe così spiegazione il 65% che ha ammesso di aver vissuto “con felicità” le proprie dimissioni o il proprio licenziamento. Ma attenzione, seppur il detto “I soldi non fanno la felicità” risulti ancora valido, lo stipendio resta un parametro di felicità importante per il 62% dei partecipanti.
Cosa ci rende però davvero felici del nostro lavoro? In cima a tutto le relazioni con i colleghi e l’ambiente lavorativo (30%), seguite dalle attività specifiche di cui ci si occupa (28%), e da flessibilità, benefit e stipendio (23%).
Infine, la valorizzazione del talento e l’attenzione verso il proprio percorso di crescita (19%) e qui c’è ampio margine di miglioramento, soprattutto oggi, che è in atto una vera e propria corsa ai talenti: le aziende dovranno essere sempre più attente non solo ad acquisire, ma anche a saper trattenere.
Invece, come cambiano i fattori di felicità tra le varie generazioni? Per la Generazione Z e i Millenial, ad esempio, la qualità delle relazioni e la sostenibilità del tempo delle persone è più importante (16%) rispetto alla Generazione X e ai Boomer (12%). Così come la trasparenza e l’etica della realtà per cui si lavora (15% vs 12%). Contrariamente per gli over 40 il benessere psico-fisico (25% vs 20%) risulta essere un elemento più importante insieme alla valorizzazione economica e i benefit (19% vs 17%). Quasi cross-generazionali invece: crescita e sviluppo personale (24% per under 40 vs 22% over 40), che per dato risulta essere il valore di maggior rilievo, e condivisione dei valori del brand o società per cui si lavora (6%). “Scegli un lavoro che ami, e non dovrai lavorare nemmeno un giorno della tua vita” resta il mantra del 67% degli intervistati, ma alla domanda “Riesci ad avere un buon work-life-balance tanto da renderti felice e serena/o?” il panel si divide quasi a metà con una leggera maggioranza verso il “NO” (51%).
Da Monica Bormetti, psicologa del lavoro che si occupa di formazione e coaching su work-life balance e benessere digitale, 5 consigli per essere più felici o ritrovare la propria felicità partendo da noi stessi:
· Fai dipendere la felicità dal tuo “centro" e non dalle condizioni esterne
Sentirsi “centrati” nella vita e rispetto al proprio lavoro è importante, ma a volte accade di sentirci fuori asse e questo crea una sensazione di frustrazione o tristezza. Questa centratura può però essere ricercata e coltivata partendo da noi stessi e non tanto dalle condizioni esterne, su cui spesso abbiamo meno margine d'azione. Un modo per farlo è, specialmente all'inizio della giornata lavorativa, orientando la propria mente agli elementi che per noi sono importanti e positivi, rispetto al lavoro in sé.
· Coltiva gli ormoni della felicità con relazioni positive
Quando siamo felici il nostro cervello rilascia ormoni specifici, uno di questi è l’ossitocina, attivata negli scambi relazionali positivi. I livelli di ossitocina nel nostro cervello sono inversamente proporzionali a quelli del cortisolo, ormone dello stress. Ecco, quindi, che coltivare relazioni soddisfacenti al lavoro ha anche un effetto positivo sulla prevenzione dello stress.
· Individua piccoli rituali di benessere per favorire il tuo work-life balance
A volte l'equilibrio dobbiamo trovarlo dentro di noi, anche quando il mondo intorno non ci aiuta. Inserire nella quotidianità dei piccoli rituali che ci fanno stare bene, è importante per sentirci più in equilibrio. Per esempio: 5 minuti la sera per bersi una tisana con calma, rientrare dal lavoro a piedi se siamo stati seduti tutto il giorno o usare la pausa pranzo per staccare davvero, anche se per poco.
· Impara a trovare “il bello” nelle attività che svolgi
In tutti i lavori dobbiamo fare delle attività poco stimolanti, ma in realtà trovare il bello in ciò che facciamo è un elemento fondamentale per la felicità legata al lavoro. Quindi, un modo per rendere alcune attività più interessanti, è quello di focalizzarci su cosa possiamo apprendere o dall'attività stessa – e quindi accrescere le nostre capacità – o sul nostro “funzionamento” in relazione a quell’azione. Ad esempio, imparare a essere consapevoli del fatto che, attività minuziose e che riteniamo potenzialmente noiose, in realtà possono essere occasione di allenamento della nostra concentrazione e pazienza.
· Accogli nel tuo percorso professionale le opportunità inaspettate
A volte, nella vita, scopriamo che situazioni inaspettate e non desiderate possono renderci felici: per questo è importante saper accogliere quelle opportunità che magari non avremmo cercato, ma si presentano lungo il percorso professionale. Avere quindi un atteggiamento di apertura, curiosità e sperimentazione può essere davvero utile!
Può esistere un dovere che sia anche un piacere? Se si parla di lavoro la domanda è più che mai valida. Proprio in occasione della Giornata Mondiale della Felicità, InfoJobs, la piattaforma per la ricerca di lavoro online, ha realizzato un’indagine per capire come felicità, piacere e buoni sentimenti si intreccino nella vita professionale delle persone.
Iniziamo da una domanda fondamentale: cos’è la felicità sul posto di lavoro? In un momento storico in cui più che mai il work-life balance è determinante nel compiere scelte personali e professionali, il primo indice di felicità (41,9%) è proprio avere un lavoro che permetta il giusto equilibrio tra lavoro e vita privata. Seguono altri fattori, come lavorare in un ambiente favorevole e disteso con colleghi e superiori, una situazione che addirittura fa superare il fatto di ritrovarsi in un impiego che non corrisponda perfettamente a quello desiderato (32,6%). Infatti, fare il lavoro dei propri sogni è sinonimo di felicità “solo” per il 9,3% del campione. Ma felicità sul posto di lavoro è anche ottenere risultati professionali e riconoscimenti da parte dell’azienda (16,2%). La felicità, nel senso più generale del termine, è una questione di istanti, di momenti, ma anche di… giorni. Tanto che il 40,2% degli intervistati decreta il venerdì (grazie al weekend alle porte) come giorno più felice della settimana. Segue il 33,3% che non stabilisce un giorno specifico perché ogni settimana è diversa, ma il 13,9% non ha dubbi: il giorno di riposo è il giorno di maggior felicità assoluta! C’è anche il 6,3% che apprezza soprattutto il mercoledì, perché dona già una parvenza di weekend e di tutto ciò che di buono esso comporta. Infine, il 5,3% ama talmente tanto il proprio lavoro da identificare il giorno in cui inizia la settimana lavorativa come quello migliore e più felice.
La felicità è uno stato d’animo cangiante, dipende da emozioni, situazioni e anche dall’età. Ma è così anche nel lavoro? Per il 59,7% nell’ambiente lavorativo è determinata sempre dagli stessi elementi (ambiente, colleghi, capi, carriera), indipendentemente dall’età anagrafica. Il 23%, invece, pensa che ci sia un percorso evolutivo della felicità: da giovani è più legata all’ambizione e ai riconoscimenti, ma con il passare degli anni la cosa più importante è trovare il lavoro giusto per se stessi. Infine per il 13,6%, all’opposto, da giovani si è più propensi a valutare ambiente lavorativo e rapporto con i colleghi, che diventano poi anche amici veri e propri, ma col tempo la felicità trova il suo posto in gratificazioni economiche e possibilità di carriera. Nemico e/o amico della felicità sul lavoro è sicuramente l’umore personale, ma fortunatamente per il 45,6% degli intervistati lavoro e vita privata sono nettamente distinti e non subiscono l’uno l’influenza dell’altro. Ne è convinto anche il 43,3%, nonostante faccia fatica a tenere i piani separati, mentre non vi è nessuna distinzione tra privato e lavoro per l’11,1% del campione e questo si ripercuote sia sulla professionalità che sulla vita privata. La ricetta della felicità sul lavoro rimane ancora oggi sconosciuta, ma nel nostro piccolo possiamo agire per accrescere il livello di gioia che accompagna le nostre giornate o possiamo pensare alle opzioni che ci rendano più felici. Ad alzare l’asticella del sorriso, secondo quanto rilevato da InfoJobs, è in primo luogo una promozione o un percorso di carriera chiaro (29,1%), ma anche gestire in autonomia i tempi senza gli obblighi del cartellino (28%), e certamente un aumento (21,9%). Infine, un classico: un nuovo capo (12,6%) o nuovi colleghi (5,5%), a ricordare che il lavoro spesso lo fanno anche e soprattutto le persone.
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