Ci sono delle persone che possono
cambiare la vita: don Tonino Bello, Gino Strada, madre Teresa di
Calcutta, anche se quest'ultima appare solo in sogno. Sono loro
le persone che direttamente e indirettamente segnano la storia
di Vito Alfieri Fontana che da fabbricante di armi si trasforma
in sminatore. Ma prima di tutti era stata la voce di suo figlio,
otto anni. Un giorno si fa spiegare dal papà quale lavoro
faccia. "Allora tu sei un assassino, papà", commenta il piccolo.
Poi, come pentendosi immediatamente delle sue parole, gli
chiede: "Ho capito che le armi le possono produrre tutti, ma
perché devi farlo proprio tu?". E' qui che si apre la prima
crepa.
La storia dei Fontana, la famiglia che ha creato la Tecnovar,
un fiore all'occhiello dell'industria bellica italiana, e
soprattutto della conversione, è raccontata dallo stesso
protagonista nel libro "Ero l'uomo della guerra" (Editori
Laterza) scritto con Antonio Sanfrancesco, giornalista di
Famiglia Cristiana.
Il libro intreccia la storia della famiglia Fontana, e della
loro azienda di Bari, con quella dell'Italia che passa dal boom
economico alle varie fasi, compreso il terrorismo. C'è la
politica di quei decenni ma anche proprio gli italiani con le
loro canzoni e loro battaglie per un Paese migliore.
La Tecnovar cresce e vende armi e mine su tutti i conflitti
di guerra puntando all'eccellenza del prodotto. Ma con il tempo
in Italia si sviluppa una coscienza critica e una vera e propria
campagna per combattere la fabbricazione di mine. Nel '93 la
Tecnovar chiude. "Il 15 settembre 1999 è la data che segna
l'inizio della mia nuova vita. Sono sul volo che mi porta a
Pristina", racconta Fontana che diverrà da produttore di mine a
sminatore, portando la sua esperienza in Kosovo come prima
tappa, per toccare altri Paesi devastati dalla guerra.
Collaborerà anche con Intersos.
"Ho progettato, costruito e venduto due milioni e mezzo di
mine antiuomo. Ne ho tolte migliaia, per quasi vent'anni, tutte
lungo la dorsale minata dei Balcani, dal Kosovo alla Serbia fino
alla Bosnia, rimettendo in funzione abitazioni, scuole,
fabbriche, terreni agricoli, acquedotti e stazioni ferroviarie.
In queste cifre si racchiudono, simbolicamente, le due vite che
ho vissuto. Dal punto di vista numerico, il bilancio è impari.
Da quello della mia coscienza pure, perché il male compiuto
resta. Per sempre", conclude Fontana.
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