(ANSA) - ROMA, 20 GIU -''Un debutto a 52 anni? Sono emozionato. Soprattutto orgoglioso. Quando studiavo recitazione avevo una maestra che chiedeva sempre: hai raggiunto ciò che ti prefiggevi? Ecco, quella per me è rimasta la misura del successo. Non i soldi, non cosa pensa il pubblico. Ma quello che penso io''. Così Michael Imperioli, il mitico (e dannato) Christopher Moltisanti de I soprano, premio Emmy, più volte attore per Spike Lee e Martin Scorsese, racconta la sua prima volta da romanziere con ''Il profumo bruciò i suoi occhi'' (ed. Neri Pozza). Per presentarlo è venuto di persona nel paese dei suoi nonni (ha origini laziali da parte di padre e campano-calabresi dalla madre), ospite domani al Letterature Festival di Massenzio a Roma insieme a Corrado Augias, Olivier Guez e Alain Mabanckou per una serata sul tema Berlino/New York /Roma /Pointe-Noire andata e ritorno; e il 23 a Salerno letteratura. Poi, una piccola vacanza a Napoli con la moglie Victoria. ''Americano, italiano: io mi sento newyorkese - racconta - Ma la sensazione di familiarità che ho provato la prima volta qui non mi è mai accaduta altrove. Non parlo italiano (ma capisce molto ndr). Però so ordinare al ristorante'', sorride. Il suo primo romanzo è una storia di formazione, con il diciassettenne Matthew, che dal Queens arriva New York: nuova scuola, nuovi lavoretti, la scoperta della sessualità. E l'incontro con il mondo visionario e poetico di un vicino di casa unico: Lou Reed, leggenda della musica che con i Velvet Undergorund ha rivoluzionato la storia del rock (il titolo del libro è il verso di una sua canzone). ''Non c'è nulla di autobiografico - spiega - Ma come Matthew anche io sono stato 'uno che viene da fuori'. A New York, come lui, sono arrivato a 17 anni guardando la città con gli stessi occhi nuovi, da innocente. Ho iniziato a scrivere il libro forse per trovare una strada nelle turbe adolescenziali del mio primo figlio. Tre mesi dopo è morto Lou Reed: un grande artista e negli ultimi 10 anni della sua vita anche un grande amico. Da lì l'idea di incrociare le due storie''. A uno dei personaggi Imperioli fa dire che un vero scrittore non pubblica il suo primo romanzo prima di aver finito il secondo. ''No, il mio è finito subito nel cassonetto - ride - Non era un granché. Ma di incompiuti, in realtà, ne ho tanti. Questo è semplicemente il primo che finisco. Al tempo non ci pensavo, ma oggi vorrei farne un film, da dirigere e interpretare, magari nel ruolo di Reed. Nelle presentazioni leggo spesso parti che lo riguardano e sento la sua energia''. Non sarà invece nel prequel de I soprano annunciato dal creatore della serie, David Chase. ''So che è ambientato nel New Jersey del '68, con molte battaglie tra bianchi e neri, italiani e altri immigrati. Ma il mio personaggio è nato nel '68. Lo stesso Tony Soprano avrebbe 10 anni. Non so davvero come potrei entrare nella storia''. Con l'Italia scritta nel nome e nei lineamenti, arrivato a New York dal Bronx, in qualche modo Imperioli è immigrato due volte. E il pensiero corre alle frontiere del suo paese, dove si sta consumando la tragedia dei bambini messicani separati dalle famiglie. ''E' un disastro - commenta - Donald Trump e gli indirizzi politici che sta impartendo agli Stati Uniti sono profondamente anti americani. Contraddicono tutto ciò che l'America sostiene e rappresenta agli occhi del mondo. Certo, la questione c'è ed è complessa, come in Europa. Ma non si può perdere la propria anima. Devi mantenere il cuore al posto giusto''. Poi si torna a parlare di Italia. ''Adoro Pasolini, anche come regista - dice - Conosco Saviano per la serie Gomorra. E amo Elena Ferrante, L'amica geniale. Ma nessuno sa chi è. Nemmeno voi qui, vero?''.
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