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Cronaca
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Addio a Francesco Tamburro, un cronista d'altri tempi

Morto a 55 anni, da 30 anni punto di riferimento della cronaca giudiziaria a Roma. Magistrati e colleghi, folla ai funerali

Magistrati, colleghi, amici, parenti e tifosi laziali hanno dato oggi pomeriggio l'ultimo saluto a Francesco Tamburro, il giornalista dell'ANSA morto due giorni fa a 55 anni. Una gremitissima chiesa di Santa Lucia, nel quartiere Portuense di Roma, ha voluto rendere omaggio a Francesco, anima delle cronache giudiziarie degli ultimi 30 anni.

Sul feretro gli amici hanno deposto alcune maglie della Lazio, la sua squadra del cuore, che è stata fra i primi ad esprimere il proprio cordoglio alla famiglia nel giorno dell'improvviso lutto. Al termine della funzione religiosa colleghi e amici hanno voluto ricordare le passioni di Francesco, dal giornalismo al tifo, dal cibo all'amore per la sua famiglia. Il figlio Alessio ha citato la celebre lettera di "Totò, Peppino e la Malafemmina".

"Papà la sapeva a memoria - ha detto riuscendo a stento a trattenere le lacrime -. Ora sarò io il capo famiglia, ci penserò io a mamma e ad Alessandra. Ogni gol della Lazio esulterò anche per te, da padre in figlio".

Francesco era generoso, disponibile, ironico. Un cronista d'altri tempi, affidabile e curioso, apparentemente burbero ma dal cuore grande. Un cuore da sempre biancazzurro. E proprio gli amici tifosi laziali sono stati i primi oggi attraverso il tam tam delle radio a dare la notizia della sua improvvisa morte a 55 anni. Francesco Tamburro da trenta anni si muoveva nei corridoi di piazzale Clodio, come cronista dell'ANSA, con discrezione e grande professionalità e per questo si era guadagnato la stima e la fiducia di magistrati, procuratori, avvocati e anche di tutta quella umanità che nelle vicende giudiziarie si trova dall'altra parte. Perchè Francesco la cronaca giudiziaria la faceva con umanità, non perdendo mai di vista che nelle carte giudiziarie si raccontavano alla fine storie di persone, per questo sapeva calibrare ogni parola evitando di lasciare trapelare giudizi o peggio condanne preventive.

Francesco era amato dai colleghi: dai veterani, con i quali aveva condiviso tante esperienze professionali, ai più giovani ai quali dava consigli ma senza essere paternalistico. Era amato anche per quella sua dote che era proprio un modo di intendere la vita, ovvero un'ironia che sapeva posare su tutto e tutti rendendo lievi anche le situazioni più difficili. Professionista dal 1989, aveva lavorato i primi tempi nella redazione di Genova per poi arrivare a Roma e dedicarsi alla cronaca giudiziaria. Si è occupato da subito di casi importanti come Ustica, le inchieste sul sequestro e la morte di Aldo Moro, Tangentopoli, omicidi come quello di via Poma e Alberica Filo della Torre fino alle nuove Br e le più recenti vicende di Mafia Capitale. Il suo ultimo pezzo sulla morte del ricercatore Giulio Regeni.

"Una figura di giornalista cui tutti dovrebbero ispirarsi. Attento, competente, serio e al contempo sempre pronto all'ironia, sicuro punto di riferimento per tutti gli operatori di Piazzale Clodio. Con la scomparsa di Francesco i penalisti romani hanno perso un amico": questo il ricordo del presidente, del consiglio direttivo e di tutti gli avvocati penalisti della Camera Penale di Roma che hanno espresso le loro "sentite condoglianze alla famiglia, ai colleghi dell'ANSA e della sala stampa del Tribunale di Roma". Puntuale e competente Francesco lascia un vuoto professionale e umano non solo nella redazione dell'Ansa ma nell'ambiente dei cronisti giudiziari romani. Ma soprattutto lascia una moglie, Sabina, e due figli, Alessio e Alessandra.

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