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Bulgaria: ricerca, solo 1 su 10 crede in indipendenza media

Alpha Research presentata a Sofia

23 dicembre, 18:16
(ANSA) - SOFIA, 23 DIC - Pubblichiamo l'intervento di Boriana Dimitrova sull'indipendenza dei media in Bulgaria al Seemf, South East Europe Media Forum, conferenza internazionale sul tema 'Public discourse in Europe: Can media help to save democracy?', svoltosi a Sofia dal 27 al 29 novembre 2017.

La prospettiva che illustrerò non è la prospettiva dei media, ma per i media. Il principale prerequisito della sua legittimità è il fatto che i media liberi e indipendenti sono parte integrante di ogni società democratica. il modo in cui i cittadini percepiscono la democrazia e giudicano chi detiene il potere e il significato della loro voce dipende in modo molto stringente dalla loro percezione del sistema dei media.

Nel novembre 2016, è stata pubblicata l'edizione speciale dell'Eurobarometro "Pluralismo mediatico e democrazia". Il 57% dei cittadini intervistati nei 28 Paesi membri Ue non era d'accordo con l'affermazione che "i media nel loro Paese forniscono informazione libera da influenze economiche e politiche", In solo 9 Paesi, principalmente nel Nord Europa, la maggioranza ha un'opinione contraria. Non è una cosa sorprendente rilevare che proprio nei Paesi in cui l'indipendenza dei media è altamente considerata, allora i cittadini hanno più fiducia nella veridicità dell'informazione, e ancora di più, nelle loro istituzioni statali. Che cosa dimostra il focus sulla Bulgaria, evidenziato nella ricerca condotta su base nazionale da Alpha Research tra 1024 cittadini adulti attraverso interviste faccia-a-faccia? Solo un cittadino bulgaro su dieci pensa che i media bulgari siano indipendenti. Il 42% pensa che essi siano dipendenti e un altro 25% pensa che siano 'in tutto e per tutto dipendenti'. In qualche occasione i cittadini pensano che i media siano sottoposti a pressione politica, in altri casi a pressione economica, più spesso a pressioni di ambedue i tipi. Qualunque sia la percezione di questa pressione, il sentimento di dipendenza rispetto ai media riduce nettamente la fiducia nell'oggettività e nella affidabilità dei contenuti mediatici; ma non solo. Questo si riflette direttamente sulla fiducia nella qualità della democrazia nazionale. Quando i media, ruote della democrazia, funzionano male, allora l'intero motore sembra versare in una una situazione problematica. E' bene notare che le valutazioni negative non sono influenzate in modo significativo dal livello di istruzione, dall'età, o dal posto di residenza degli intervistati, e neppure dalle loro appartenenze politiche. Piccole differenze nell'intensità del loro livello di critica si osservano con l'aumentare dell'età (dal 20% tra i più giovani fino al 28% nei gruppi più anziani), ma anche quando il livello di istruzione cresce (dal 22% tra le persone con istruzione elementare al 29% di coloro che hanno un'istruzione universitaria). Soprattutto, comunque, non ci sono significative differenze derivanti dal livello sociale delle persone, e neppure dalle loro abitudini in tema di media.

L'analisi dei dati di questa ricerca consente di parlare di un deficit, che sebbene sia ancora ascrivibile a una parte dei media, comincia ad essere percepito sempre più come universale. Il pericolo di una tale opinione diffusa è quello di lasciare che lo scetticismo di massa eroda gli sforzi di cercare una qualità e una oggettività dell'informazione a vantaggio del sensazionalismo, delle immagini stereotipate e della suggestioni della propaganda. Possiamo vedere che questo pericolo sta diventando da virtuale a reale nel modo in cui le 'fake news' vengono percepite. Un quarto dei bulgari adulti dice di essere esposto a 'fake news' quasi ogni giorno, e un totale di 71% sostiene di aver dovuto fare i conti con queste almeno parecchie volte nell'arco dello scorso anno. Le persone di mezza età con istruzione superiore e residenti in grandi centri urbani sono le più sensibili al tema delle 'fake news', mentre le meno sensibili sono i giovani, che usano in modo molto attivo i social media come Facebook, Twitter, come fonte di informazione.

Ma il fatto che le persone si sentano esposte alle 'fake news' non esaurisce il problema, e nemmeno è la sua parte più rilevante. Vorrei sollevare il velo su un altro aspetto della percezione delle notizie false. In una recente indagine condotta da Alpha Research e dalla Nuova Università Bulgara, abbiamo sviluppato ulteriormente l'argomento e ci siamo imbattuti in un fatto molto interessante che merita sicuramente un'analisi approfondita. Di che cosa sto parlando? Il 45% dei cittadini bulgari intervistati associa le 'fake news' all'informazione compromettente sulla vita privata delle celebrità, il 34% con fatti sensazionali delle vite delle persone famose, il 23% con la diffamazione degli avversari politici. Solo il 16% riconosce nelle notizie false fatti o eventi o azioni che non si sono mai verificati.

Questo significa, per prima cosa, che il riconoscimento delle notizie false rimane molto basso, nonostante le dichiarazioni della maggioranza, che sostiene di essersi imbattuta in esse, e in secondo luogo, che il focus sul sensazionalismo permette alle vere 'fake news' di influenzare senza alcun problema l'opinione pubblica. Questo è il nucleo fondamentale delle notizie false nella società bulgara. Strettamente collegata alll'oggettività dei media è la questione del loro contenuto e del modo in cui i media presentano i diversi gruppi sociali. Per misurare questo, ci siamo serviti della classica domanda: "Quanto sono spesso noti, nei media bulgari, casi di discriminazione o diffamazione contro individui o gruppi?". I risultati: il 34% degli intervistati ha notato casi di diffamazione nei confronti di politici bulgari o rappresentanti del governo ogni giorno o almeno parecchie volte in una settimana: il 23% nei confronti di minoranze etniche o nazionali; il 15% nei confronti di minoranze religiose; l'11% nei confronti di organizzazioni non governative e oppositori di politici nazionali; il 14% nei confronti dei politici stranieri.

Se cerchiamo di interpretare le risposte a questa domanda al di fuori del contesto politico bulgaro, i dati possono sembrare abbastanza strani. Le persone con le più ampie possibilità di esercitare una pressione sui media hanno in essi l'immagine più negativa. Tuttavia, avendo un po' di familiarità con il focus dei media sui politici, i risultati non sono così eccentrici.

(Vorrei menzionare tra parentesi che molte ricerche che hanno utilizzato l'analisi del contenuti hanno mostrato come circa tre quarti delle news e del contenuto delle pubblicazioni è generato da azioni del governo o del parlamento; così, i media non tanto forniscono informazioni SUI politici, quanto invece l'informazione è presentata direttamente DAI politici stessi). Gli attacchi personali, l'aggressione e il discorso razzista e discriminatorio, l'atteggiamento di umiliazione dell'avversario politico usato negli show televisivi in diretta e nei dibattiti parlamentari teletrasmessi dai media rendono i politici bulgari gli autori e le vittime del loro processo di screditamento. Tra gli altri aspetti degni di nota, la discriminazione, insieme con il pregiudizio, sono tra gli atteggiamenti più facilmente riconosciuti, specie quando riguardano le minoranze etniche o nazionali. Meno visibili sono, invece, la diffamazione e la discriminazione verso le minoranze religiose o le organizzazioni non governative. Un confronto con un'analisi approfondita dei contenuti potrebbe dimostrare se questo sia il risultato di una maggiore tolleranza e pluralismo dei media oppure di una minore sensibilità dell'opinione pubblica verso questo argomento. In questo contesto di 'aggressività' sistematica dei media, la domanda logica che sorge è - c'è qualche spazio per la discussione, qualche udibilità delle decisioni politiche? Appena l'11% dei cittadini dice di essere bene informata circa le decisioni dei politici che influenzano direttamente le loro vite. Nel complesso, il 64% pensa che i politici non li informi in modo sufficientemente completo e corretto, e di questi il 38% pensa addirittura che non c'è alcuna informazione vera tra quelle fornite dai politici. Ancora una volta, le persone più critiche sono quelle che cercano informazioni ben circostanziate e dettagliate, cioè le persone con istruzione elevata, residenti nei centri urbani maggiori, appartenenti alle giovani generazioni o di mezzà età.

Per riassumere, c'è una grande sensibilità pubblica e un profondo sentimento circa l'attitudine a rimpiazzare l'informazione su argomenti importanti con attacchi personali e insulti tra avversari politici. Le trasmissioni televisive e i 'talk show' aumentano questo sentimento e alimentano il processo generale di distruzione delle reputazioni e di rimpiazzamento dei dibattiti politici seri con contenuti emotivi che rafforzano il senso di mancanza di oggettività da parte dei media. La scarsa fiducia nell'indipendenza dei media non coincide, comunque, con una sfiducia nei confronti di ciascun singolo organo di informazione. Il messaggio chiave di questa ricerca è che non solo la salute del sistema dell'informazione è un indicatore dello stato di salute della democrazia, ma che è vero anche l'opposto. I media non sono meno responsabili dello stato della democrazia in cui vivono. I giornalisti e i media indipendenti dovrebbero essere più attivi; dovrebbero cercare modi più efficaci per difendere la libertà di parola.

Altrimenti, come in ogni altro campo, coloro che sono più abili nell'erodere gli standard di qualità professionali e la reputazione della gente saranno in grado di trarre molti benefici dal fallimento di chi potrebbe arginare il fenomeno.

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