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Montagnese, aiutiamo startup e Paese per l'innovazione

Parla presidente di Innovation center Intesa a Berlino con Smau

Rosanna Pugliese

 Il lavoro che faranno i nostri figli oggi ancora non esiste. Diffondere la cultura dell'innovazione in Italia vuol dire affrontare la sfida, invece di subirla: "Dare sostegno all'economia reale e alle famiglie". Ecco la missione di fondo dell'Innovation center di Intesa Sanpaolo, raccontata all'ANSA a Berlino, dal presidente Maurizio Montagnese, intervenuto all'apertura di Smau-Italy RestartsUp all'ambasciata italiana. "Siamo nati nel 2014, e il nostro obiettivo è far crescere il numero e la dimensione delle startup in Italia", spiega Montagnese, ex manager della Olivetti, nato in Fiat, passato per Intesa Sanpaolo e poi richiamato da Carlo Messina "a guidare un progetto completamente nuovo, che vuole aiutare il sistema Paese".

Il settore fa passi avanti, ma l'Italia resta ancora molto indietro: "Oggi al ministero dello Sviluppo ci sono 9mila startup registrate. In Gran Bretagna ce ne sono 600mila, più o meno come quelle della Germania. È chiaro che di spazio per crescere quindi ce n'è. E non mancano intelligenza e creatività", afferma indicando il bicchiere mezzo pieno. Ma le sfide sono rilevanti: "Il problema è aiutare le nostre startup nella scalata su dimensioni internazionali vere.

Rispetto alla Germania, il Paese porta avanti in questo senso 3-4 startup all'anno contro 65-70 della Germania". Paragoni poco incoraggianti, ma le prospettive di crescita forniscono uno stimolo: "Un 15-20% all'anno sarebbe un risultato non da poco. E io ritengo che questo sia possibile, se si lavora di più sulla diffusione della cultura dell'innovazione".

Per capire meglio le potenzialità del settore, Montagnese cita storie di successo, la cui origine ormai sembra rimossa dal senso comune: "I primi colossi per capitalizzazione al mondo oggi sono Google, Apple, Amazon, Facebook. E queste erano della startup: sono state aiutate a crescere dal venture capital". Uno dei problemi è dunque che "ancora oggi in Italia il venture capital vale poco o niente". "Siamo il fanalino di coda rispetto ai grandi player mondiali in materia".

In testa ci sono Israele e Usa. L'Innovation Center di Intesa Sanpaolo, che ha sede a Torino e a marzo è diventato una società, si propone dunque come trampolino di lancio nel processo di internazionalizzazione delle startup italiane, fornendo fra l'altro un punto d'incontro fra imprese e startup per lo scambio di tecnologia. E non si dedica solo al fintech, anche se da lì è partito. "Parliamo di un centinaio di persone, di 200 milioni all'anno di budget di investimenti a livello di gruppo, solo sul tema dell'innovation".
Il centro si appoggia alla rete della banca: "Siamo a Londra, Hong Kong, Dubai e New York. E poi attraverso queste sedi stiamo stati a Singapore, Tokyo, alla Silicon Valley". La "Silicon Valley" più vicina è a tre ore e mezzo di volo però, aggiunge: "Israele". "Le startup più promettenti le portiamo su scala internazionale - spiega ancora Montagnese - come facciamo qui oggi a Berlino, dove ne presentiamo 5 con lo Smau di cui siamo partner dall'anno scorso", per un'iniziativa nata dopo la bilaterale Italia-Germania, che si ripeterà a novembre. "L'obiettivo è permettere loro di agganciare un mercato più ricettivo".

L'innovation center cerca coprire i settori in cui l'Italia è forte, fashion, design, auto, foodtech, agritech. Ma a guidare la scelta sono comunque i clienti di Intesa Sanpaolo. Per selezionare i progetti migliori la startup vengono sottoposte a un periodo di gestazione, in cui vengono monitorate. Il progetto diventa sempre più ampio: "Abbiamo messo a punto anche un sistema di valutazione, che tenga conto non del passato ma del futuro di queste imprese: un rating sulle prospettive, che agevola l'accesso al credito. E attraverso il venture capital Neva Finventures - 100 milioni di dotazione, di cui 20 investiti ad oggi - possiamo anche decidere di investire in queste realtà", conclude.

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